QUADRO MACROECONOMICO
a) Informazioni macroeconomiche generali
La base dell’economia del Belarus – relativamente sviluppata – rimane tradizionalmente costituita dalla produzione industriale. Nella struttura di tale produzione, i settori di maggiore importanza sono: l’industria di combustibili (21,5%); la produzione di macchinari (20,3%); la chimica e la petrolchimica (12,0%); la produzione di elettricità (5,5%); l’industria leggera (3,1%), alimentare (12,7%), boschiva e di lavorazione del legname (3.0%). In linea di massima, questi settori sono orientati alla produzione e alla vendita di prodotti finiti: il Belarus non è infatti un paese esportatore di materie prime, fatta eccezione per il potassio (utilizzato nella produzione di fertilizzanti) e il legname (seppure l’acquisto di legname grezzo dall’estero sia fortemente controllato dallo Stato attraverso il meccanismo della Borsa del legno e delle licenze per l’esportazione di legno grezzo o semilavorato).
L’industria boschiva e della lavorazione del legno, quella alimentare e, in parte, quella dei materiali da costruzione utilizzano risorse domestiche. Le imprese nei settori della lavorazione dei metalli, chimico e petrolchimico ricevono invece dalla Federazione Russa circa l’80% delle materie prime e delle risorse energetiche.
L’industria leggera si orienta su un’ampia scelta di produzioni: fibra di lino; filati di cotone, lino e lana; tessuti di cotone, lino, lana e seta; tappeti; maglieria, calze, articoli in pelle e pelle artificiale, pellicce artificiali, calzature in pelle ed abbigliamento.
La produzione tessile, dell’abbigliamento e delle calzature viene allestita principalmente utilizzando attrezzature d’importazione, e in taluni casi attraverso un processo di lavorazione per conto terzi di materie prime fornite dal partner.
La produzione di legname dispone di un significativo potenziale di risorse boschive: in Belarus sono disponibili 0,72 ettari di terreno boschivo pro capite, equivalenti a più di 100 metri cubi di legname. Nell’ambito dell’industria del legno, il settore principale è rappresentato dalla produzione di legname lavorato. In particolare vengono prodotti: tavolato grezzo; semilavorato; infissi e parquet; legname d’opera per giardini; prefabbricati in legno per strutture ricettive (casette per campeggi); truciolato e compensato (molto richiesti dalle industrie occidentali); mobili ed arredamento di vario genere.
L’agricoltura ha un ruolo importante nell’economia del Belarus, anche se la percentuale della popolazione impiegata nel settore agricolo è scesa costantemente nel corso degli ultimi dieci anni. Condizionate dalla composizione dei suoli e dal clima, oltre che dalla struttura dell’economia, l’agricoltura e l’industria alimentare si sono specializzate nei prodotti dell’allevamento (carne e latte) e nella coltivazione di lino e patate. Oltre a queste coltivazioni tradizionali, sono state potenziate anche le colture di grano, di verdure, di barbabietola da zucchero, di colza e di foraggio. Buono è il livello degli allevamenti ed abbondante la produzione di latte e suoi derivati, di carne e di insaccati in genere. La modernizzazione del settore agricolo rientra tra le priorità del piano quinquennale 2006 – 2010 del Governo bielorusso, da realizzare anche attraverso l’acquisizione all’estero di macchinari e tecnologie, e la creazione di condizioni agevolate per favorire l’afflusso di capitali.
b) Grado di apertura del Paese al commercio internazionale ed agli investimenti esteri
In Belarus lo Stato gioca ancora un ruolo determinante nella gestione dell’economia, attraverso, prima di tutto, la proprietà di circa l’85% delle imprese, quindi attraverso leve di carattere amministrativo (dazi all’importazione, contingentamenti e licenze per varie categorie di prodotti, determinazione del livello dei prezzi), normativo (decreti a firma presidenziale aventi forza di legge primaria per un ampio spettro di materie, veti alla privatizzazione di certe società di rilevante importanza nazionale) e finanziario (sostegno statale diretto alle imprese, soprattutto nei settori dell’agricoltura, dei trasporti e dell’edilizia). Tuttavia, dal dicembre 2007 il Governo persegue un modello di progressiva e prudente liberalizzazione dell’economia, orientato alla creazione di un business climate più favorevole e di un sistema fiscale semplificato e meno oneroso, oltreché alla progressiva apertura del sistema produttivo nazionale agli investimenti stranieri.
Con la delibera governativa n. 1021 del 14 luglio 2008 è stato varato un vasto piano di privatizzazione per il biennio 2008/2010, che prevede la vendita a privati di 519 aziende statali, oltre alla cessione di quote statali per altre 217 aziende già parzialmente privatizzate. Tale piano di privatizzazione è stato tuttavia più volte sospeso e modificato e risulta tuttora connotato da un elevato grado di incertezza.
In data 4 marzo 2008 è stata abrogata la cosiddetta “golden share”. Questa regola – usata peraltro molto raramente – prevedeva che lo Stato potesse intervenire direttamente nella gestione di imprese ritenute “in difficoltà”, purché tali imprese fossero un tempo di proprietà statale ed indipendentemente dalla loro attuale natura giuridica e proprietà (tanto bielorussa quanto straniera).
Sempre nel 2008 sono stati approvati due decreti presidenziali volti ad attrarre investimenti stranieri, che introducono talune agevolazioni concrete – in particolare in ambito fiscale – a favore di chi decida di investire nelle cosiddette Zone Economiche Speciali (le FEZ, in tutto 6, una per ogni regione) e nelle aree rurali (e precisamente nei centri urbani con meno di 50.000 abitanti).
Un successivo decreto, il n. 10 del 6 agosto 2009, ha introdotto ulteriori misure volte ad incentivare gli investimenti stranieri (e nazionali) in Belarus. In primo luogo esso ha allargato la lista degli organi competenti ad approvare un progetto di investimento, includendovi anche le amministrazioni locali, se il progetto riguarda esclusivamente il territorio e/o gli interessi di una di esse, ed attribuendo al Consiglio dei Ministri la facoltà di approvare un progetto anche senza la preventiva autorizzazione del Capo dello Stato, per il solo caso in cui al progetto di investimento non vengano accordati benefici particolari rispetto a quelli ordinari previsti dalla legge. Questa misura rende certamente spedito il processo decisionale in merito a progetti di investimento di una certa rilevanza. Un’altra importante innovazione introdotta dal decreto è quella riguardante la previsione di una clausola, da inserire obbligatoriamente nel testo dell’accordo tra il Governo e l’investitore, che prevede il risarcimento dei danni a quest’ultimo per il caso di inadempimento degli accordi presi da parte del committente pubblico. Ancora, un’altra importante novità riguarda la possibilità per l’investitore di affittare il terreno necessario per l’avvio del progetto senza dover ricorrere alle procedure della gara pubblica. Infine, il decreto prevede significative esenzioni in materia fiscale, la possibilità di assumere manodopera straniera senza pagare i relativi oneri contributivi al governo bielorusso, ed infine l’esenzione dal pagamento dei dazi doganali per l’importazione dei macchinari necessari alla produzione.
Infine, sempre nel corso del 2009 sono stati adottati alcuni provvedimenti in settori specifici, come in quello delle telecomunicazioni, con l’approvazione da parte del Parlamento di una bozza di legge che prevede l’introduzione di speciali requisiti a carico degli operatori in posizione dominante (primo fra tutti BelTelecom) e una maggiore possibilità di cooperazione tra i providers bielorussi e quelli stranieri; od in quello della proprietà terriera, per cui sono previsti emendamenti alla normativa vigente che consentiranno al cittadino straniero di ottenere in Belarus diritti di proprietà sulla terra per cessione tra vivi o mortis causa, purchè lo straniero sia parente del de cuius.
Ad oggi, tra i principali ostacoli al pieno sviluppo di questo settore economico privato assumono un ruolo rilevante i meccanismi connessi al rilascio di licenze e permessi e la frequenza e la molteplicità delle ispezioni statali sull’attività economica privata:
a) licenze: il decreto presidenziale n. 17 del 14 luglio 2003, recante norme sulla “licenza per particolari tipi di attività”, definisce la licenza come “un permesso speciale per condurre un’attività economica, rilasciato dalle autorità competenti al soggetto richiedente sulla base della stretta osservanza delle condizioni e dei requisiti richiesti”. In realtà, nonostante il tenore letterale della norma, la licenza è ben lontana dal rivestire caratteri di “specialità”, essendo richiesta per ben 53 diversi tipi di attività imprenditoriale, di cui 35 comportanti a loro volta il rilascio di ulteriori sub-licenze, complessivamente ammontanti a 331. Soggetto a licenza è il 74% delle attività degli imprenditori individuali, il 77% di quelle delle piccole imprese e ben il 91% di quelle delle imprese medie. Il numero medio di licenze richiesto per le tre tipologie di impresa sopra menzionate è pari rispettivamente a 1,3, 2,2 e 3,4. Questo significa, ad esempio, che quasi i quattro quinti delle aziende di dimensione media sono tenuti a dotarsi mediamente di almeno 3 licenze per iniziare e per condurre la propria attività d’impresa. Il 32% delle PMI e ben l’81% delle imprese individuali soggette a licenza operano nel settore del retail, senza alcuna distinzione in relazione alla tipologia di prodotti e/o servizi commercializzati. Peraltro, se si confrontano i dati relativi all’anno 2009 con quelli di solo tre anni prima, si nota un incremento sia della percentuale di attività delle PMI coperta da licenza (dal 72% al 78%) sia del numero di giorni necessario per ottenerla (da 36 a 49 giorni). Il problema più grave, tuttavia, a detta degli imprenditori intervistati, rimane quello connesso all’ambiguità, se non alla inconsistenza, dei documenti richiesti per il rilascio (e per il successivo mantenimento) della licenza. Sempre nel settore del retail, ad esempio, la normativa prevede che il rilascio della licenza sia subordinato al rispetto, da parte del richiedente, di tutti i regolamenti amministrativi, compresi quelli aventi natura meramente tecnica, regolanti la materia del commercio al dettaglio. Le conseguenze della violazione di una simile disposizione possono anche consistere nella revoca della licenza o nel rigetto della domanda per il suo conseguimento. La revoca della licenza può essere altresì disposta dalle autorità nel caso di mancato adempimento del suo titolare ad obblighi di carattere privatistico, quali ad esempio il mancato o ritardato pagamento di debiti derivanti da obbligazioni di natura contrattuale.
Segnali positivi di un miglioramento della regolamentazione delle licenze sono costituiti dalla previsione di una “finestra unica” per il richiedente, il quale dunque non sarà più tenuto a presentare gli stessi documenti a diverse autorità; dalla previsione di illegittimità del rigetto della domanda di licenza basata su una valutazione meramente soggettiva ed arbitraria del funzionario preposto al suo rilascio; infine, dalla previsione espressa, da parte del Consiglio dei Ministri, delle principali violazioni che possono giustificare il rigetto della domanda di licenza, precedentemente rimessa ad atti regolamentari di autorità minori.
b) Permessi: secondo la definizione giuridica, per il diritto bielorusso un permesso è un atto di approvazione di specifiche azioni od attività che devono essere compiute da parte di un’azienda o di un imprenditore individuale. Il permesso è generalmente un atto a forma libera, che dunque può consistere tanto nell’apposizione di una firma in calce all’atto da approvare, quanto nella decisione di una commissione di esperti, in un parere scritto ed altro ancora. Il permesso è generalmente un atto a rilevanza esterna unico, ma per ottenerlo può essere necessario anche conseguire diverse autorizzazioni intermedie. Esso però non comprende in alcun modo la registrazione, la certificazione e la licenza, che sono atti amministrativi ulteriori ed autonomi.
Il numero medio di permessi che una PMI deve ottenere per svolgere la propria attività è pari a 1,9, mentre per un imprenditore individuale tale numero è pari a 1,3. Mediamente, una PMI deve contattare due diverse autorità e ricevere uno o due visite individuali di funzionari di tali autorità per ottenere il permesso o i permessi necessari allo svolgimento dell’attività d’impresa. Il numero di giorni necessari al conseguimento dei permessi è pari a 24 giorni per permesso per le PMI e a 28 giorni per permesso per gli imprenditori individuali. Il sistema vigente di permessi è particolarmente dannoso per l’attività delle PMI e degli imprenditori individuali poiché si calcola che esso comporti una riduzione dell’attività del 30% per le PMI durante i summenzionati tempi di attesa, e ben del 90% dell’attività degli imprenditori individuali nello stesso periodo di tempo. Questo soprattutto avviene perché un’azienda privata o un imprenditore individuale non possono fare investimenti di capitale fintantoché non hanno ottenuto il relativo permesso. Circa le principali lamentele espresse dagli imprenditori privati in ordine al regime dei permessi, si può dire che esse siano in gran parte analoghe a quelle relative al sistema delle licenze: eccessivo numero di documenti richiesti; lunghi tempi di attesa per l’ottenimento del/i permesso/i; mancanza di chiare indicazioni circa gli esatti requisiti da possedere per il conseguimento del permesso. Anche confrontando i dati dell’ultimo quinquennio, i progressi raggiunti da queste autorità, nonostante taluni sforzi apprezzabili (come la costituzione di un gruppo di lavoro incaricato di “inventariare” tutti i permessi esistenti e tutte le procedure legislative per il loro ottenimento), sono ancora piuttosto modesti.
c) Ispezioni: anche nel campo delle ispezioni, la buona volontà dimostrata dal Governo non ha ancora consentito di raggiungere completamente i risultati sperati, o quantomeno necessari a favorire efficacemente le imprese private. Il 61% delle piccole imprese, il 71% delle imprese medie e il 53% degli imprenditori individuali hanno subito almeno un’ispezione nel corso dell’anno 2008. Questo dato è leggermente inferiore a quello di tre anni prima, come leggermente inferiori sono tanto il numero medio di ispezioni annue ricevute (da 3,9 a 3,2) e la durata delle singole ispezioni (da 27 a 15 ore); risultati, questi ultimi, raggiunti soprattutto grazie ad un migliore coordinamento delle azioni di controllo da parte delle diverse autorità ad esso preposte. Ciò nondimeno, il problema delle ispezioni viene tuttora percepito come un ostacolo di portata significativa, soprattutto da parte delle piccole imprese e degli imprenditori individuali. Questo non solo per la percentuale di ispezioni che si concludono negativamente, ovvero con l’irrogazione di una sanzione, cosa che avviene, mediamente, nel 30% – 40% dei casi (la “forchetta” del 10% dipende dai vari tipi di ispezione che possono condurre ad una sanzione), ma anche per: il numero e la varietà delle possibili ispezioni (dei vigili del fuoco, degli ispettori fiscali, degli ispettori sanitari, degli ispettori del lavoro, degli ispettori della sicurezza alimentare, delle autorità di certificazione, delle autorità per il controllo dei prezzi, della polizia giudiziaria e per la prevenzione del crimine); la perdurante assenza di procedure chiare, dettagliate e conoscibili da tutti relative alle modalità di conduzione dell’ispezione; infine, l’ancora eccessiva arbitrarietà dell’ispezione, il cui esito ancora troppo spesso dipende dalle valutazioni del funzionario o dei funzionari incaricati di esperire il controllo.
Sulla materia il Governo ha recentemente emanato un decreto, il n. 510 del 16 ottobre 2009, recante “norme per il miglioramento delle attività di ispezione nella Repubblica del Belarus”. Il decreto in parola ha introdotto alcune novità significative, quali in particolare: il divieto di prevedere ispezioni per imprenditori individuali e per piccole imprese nella fase di start-up, ovvero entro due anni dalla registrazione (rimangono comunque esperibili le ispezioni non programmate, ovvero “a sorpresa”); l’obbligo – ove possibile – di coordinare le attività delle diverse autorità di controllo perché l’ispezione avvenga contemporaneamente ed in un’unica occasione, al fine di ridurre il disagio per l’impresa; l’introduzione di un sistema di gestione delle ispezioni basato sul livello di rischio dell’attività d’impresa, classificato in basso, medio e alto, sulla base del quale modulare la frequenza annua delle ispezioni programmate; l’individuazione di criteri specifici in base ai quali possono essere disposte ispezioni non programmate; infine, l’esclusione di responsabilità amministrativa per infrazioni di lieve entità, le cui conseguenze saranno pertanto limitate all’obbligo a carico dell’impresa di risarcire gli eventuali danni e ripristinare ove possibile lo statu quo ante. Il decreto n. 510 ha anche introdotto il sistema – largamente utilizzato nella pratica internazionale – della checklist, soprattutto per ispezioni a più alto carattere tecnico (in particolare per quelle sanitarie). Questo metodo permette di ridurre l’arbitrarietà dell’ispezione, poiché potranno essere contestate solo quelle violazioni espressamente previste nella checklist, i cui contenuti sono approvati dal Consiglio dei Ministri della Repubblica di Belarus e resi noti tramite i siti Internet ufficiali.
Dovrebbe essere prossima, infine, l’adozione di una Direttiva presidenziale, la n. 4/2010, recante misure per il miglioramento dell’investment climate e della normativa fiscale, per un ripensamento del meccanismo di formazione dei prezzi e degli strumenti di controllo statali sull’attività delle PMI, per la liberalizzazione del mercato del lavoro e per favorire l’accesso al credito da parte delle imprese. Il contenuto della direttiva, elaborato dal Ministero dell’Economia con contributi di diversi altri Ministeri, dei Comitati Esecutivi regionali, della Banca Nazionale, della Corte Economica Suprema e – fatto di un certo rilievo – anche di alcune associazioni private di imprenditori ed ONG, è stato sottoposto all’approvazione del Presidente lo scorso luglio, e da questi rimesso nuovamente al Ministero dell’Economia per ulteriori modifiche. La Direttiva prevederebbe, in particolare:
– liberalizzazione dei prezzi e delle tariffe: la direttiva prevedrebbe l’abolizione della Commissione Centrale per la determinazione dei prezzi presso il Ministero dell’Economia e demanderebbe ai singoli dicasteri la definizione dei prezzi per i soli servizi essenziali di rispettiva competenza, quali, ad esempio, le forniture di energia elettrica e gas, i servizi di telefonia fissa e i trasporti pubblici. In particolare, verrebbe eliminata qualsiasi forma di controllo dei prezzi sui beni e servizi importati dall’estero;
– liberalizzazione delle licenze: la direttiva prevedrebbe una drastica riduzione del numero di licenze e permessi richiesti per avviare un’attività d’impresa. Inoltre, disporrebbe il progressivo abbandono, da completarsi entro il 2014, degli standard di qualità bielorussi GOSST e la completa adozione degli standard internazionali ISO;
– protezione più effettiva del diritto di proprietà: la direttiva dovrebbe ridurre le ipotesi di sequestro amministrativo dei beni di un’azienda od accorciare sensibilmente i termini per la successiva convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Verrebbe altresì eliminata la possibilità di sottoporre a sequestro preventivo i beni detenuti da un’azienda a titolo di locazione o altro (attualmente, la legge prevede, ricorrendone i presupposti, che, in caso di rischio di insolvenza, possa essere disposto il sequestro preventivo non solo dei beni di proprietà di un’impresa, ma anche di quelli detenuti dalla medesima in virtù di un diritto obbligatorio di locazione, affitto o altro);
– liberalizzazione del commercio con l’estero: oltre ad una generale riduzione del livello dei dazi (necessaria anche in ragione del processo di adesione del Belarus all’OMC), la direttiva introdurrebbe una serie di agevolazioni a favore delle imprese operanti con l’estero, quali l’abolizione della norma che prevede, per i contratti di compravendita di beni di produzione estera, il requisito obbligatorio della motivazione dell’acquisto oltre frontiera; o, ancora, l’abolizione dei limiti temporali per il perfezionamento di un’operazione commerciale con l’estero (attualmente, 90 giorni dalla data di conclusione del contratto con il fornitore straniero);
– liberalizzazione del mercato del lavoro: la direttiva introdurrebbe una norma avvertita come particolarmente importante dai piccoli imprenditori bielorussi, i quali attualmente, per mantenere il proprio status giuridico di imprenditori individuali e non dover così costituire una società, con inevitabile aggravio dei relativi oneri fiscali, possono assumere al massimo tre parenti. Se la direttiva venisse approvata nella sua attuale redazione, un imprenditore individuale potrebbe assumere fino a cinque dipendenti, indipendentemente dalla parentela, senza per ciò stesso dover registrare una società commerciale;
– miglioramento della qualità dell’amministrazione fiscale e riduzione della pressione fiscale.
Si indicano conclusivamente i principali vantaggi che il Belarus offre agli investitori stranieri:
1) in primo luogo, l’adesione del Belarus alla neocostituitasi Unione Doganale con Federazione Russa e Kazakistan. Tale Unione, nonostante le dispute interne relative all’inclusione tra le merci soggette al libero scambio di importanti asset quali il petrolio o taluni prodotti alimentari di base, offre certamente una grande occasione alle imprese italiane che intendano valutare l’opportunità di una delocalizzazione produttiva od anche la possibilità di assemblare in Belarus i semilavorati provenienti dall’Italia, così da evitare dazi particolarmente onerosi e disporre al contempo di un mercato vastissimo nel quale offrire i propri prodotti a prezzi competitivi. Alcuni aspetti rimangono tuttavia ancora in via di completa definizione. In particolare, non è stato ancora elaborato un certificato unico di provenienza della merce prodotta all’interno dell’Unione Doganale e non è stata ad oggi presa una decisione sul futuro, all’interno del nuovo spazio economico comune, delle FEZ o Zone Economiche Speciali, il cui regime normativo in ogni caso dovrebbe essere mantenuto fino al 2017.
2) In occasione della visita del Presidente del Consiglio On. Silvio Berlusconi a Minsk del 30 novembre 2009, è stato avviato un progetto di cooperazione mirante alla costituzione di un distretto industriale italiano nella Regione di Brest. Questo obiettivo è attualmente al centro degli sforzi di questa Ambasciata di concerto con le autorità bielorusse e con altre istituzioni italiane dedicate all’internazionalizzazione delle imprese, in primis il Ministero per lo Sviluppo Economico. Alla visita del Presidente Berlusconi hanno già fatto seguito due missioni di imprenditori a Brest, la prima delle quali guidata dal Vice Ministro per lo Sviluppo Economico, On. Adolfo Urso, in occasione delle quali è già stata definita l’area – vicina all’aeroporto di Brest – dove verrebbe costituito il distretto e sono stati avviati contatti tra le imprese per una prima valutazione delle possibili sinergie operative.
3) Il Belarus si trova al centro di grandi assi di trasporto/comunicazione europei est-ovest e nord-sud.
4) Il Belarus dispone di forza lavoro qualificata e a costi ancora contenuti.
5) Esso offre, infine, una situazione sociale stabile e sicura, non avendo mai vissuto conflitti etnici né conosciuto alti livelli di tensione politico-sociale.
Per un approfondimento del quadro macroeconomico si invita a visitare le pagine di questo sito dedicata alla Cooperazione economica con la Repubblica di Belarus.